Le Tradizioni

La settimana santa e San Nicolò Politi

Descrizione

I giorni della Pasqua sono molto sentiti dalla popolazione di Adrano, che ha conservato nel tempo tradizioni e riti di grande spettacolarità e di intenso contenuto emotivo, i quali attirano ogni anno una moltitudine di fedeli e di curiosi, anche di altre città e stranieri.La “Settimana Santa”, infatti, contiene elementi tradizionali le cui radici affondano in epoche lontane.

Ha inizio la “Domenica delle Palme“, con la rappresentazione della “Via Crucis”, a cura dell’Associazione del Rosario, che vive il suo momento culminante con la scena della Crocifissione.

Il “Giovedì Santo” la struggente processione della seicentesca statua del Cristo alla Colonna, con il capo pendente da un lato, pieno di lividi e di ferite, che suscita in tutta la popolazione un’immensa pietà.

La leggenda legata a questo episodio della Passione narra che il corpo di Cristo sarebbe legato ad una colonna con una corda senza nodo, per prodigio di un Angelo.

Il corteo, capeggiato dal clero e dalle molteplici Confraternite contraddistinte dal loro storico stendardo, parte dalla chiesa di San Sebastiano e si snoda lungo il corso Garibaldi, per giungere nella Chiesa Madre.

Gli uomini sorreggono il fercolo sulle spalle e cercano di imitare le sofferenze di Gesù sotto il peso della croce, a passi lenti, con quella strana andatura di tre passi avanti e due indietro, e facendo a volte vacillare il fercolo, per rappresentare e far rivivere il tormento, le torture, le agonie che portarono il Figlio dell’Uomo al supplizio della croce.

La processione si scioglie a notte tarda, dopo aver portato la statua in visita nelle varie chiese, dove sono allestiti bellissimi sepolcri.

Per le vie cittadine,  la processione è accompagnata da una dolcissima e struggente musica, di incomparabile fattura artistica, che accompagna anche la processione della mattina del “Venerdì Santo”, durante la quale l’Addolorata, portata a spalla da un folto numero di ragazze e di artigiani barbieri, va in cerca del Figlio.

La scultura della Madonna Addolorata, opera del Colella di Lecce, è ispirata alla “Vergine sul Golgota”, una pittura ad olio dell’adornese Giuseppe Guzzardi, esposta nel Santuario di Maria Ausiliatrice.

La sera del “Venerdì Santo” è fra le più emozionanti e suggestive delle celebrazioni pasquali. Il Cristo Morto, ” ‘U Lizzanti ”, viene portato in spalla per le principali vie della città dai giovani universitari con il tradizionale copricapo a punta e accompagnato dalle autorità civili e dalle Confraternite, che indossano le cappe colorate dei rispettivi ordini. Lungo il percorso, la folla esegue in coro un canto funebre di grande effetto emotivo.

Nelle ore notturne del sabato, viene proclamata la resurrezione del Cristo. Questa, un tempo, avveniva a mezzogiorno, l’attesa del sabato veniva rotta dal suono festoso delle campane delle chiese cittadine; esse, infatti, venivano legate dopo la S. Messa del “Giovedì Santo“. Durante la cerimonia, un grande telone del ‘700 viene issato nell’area presbiteriale insieme alla statua del Cristo Risorto: quando il telo viene issato, alcune candele, poste ai piedi della statua, si spengono e i contadini di un tempo, in base al numero di esse che rimanevano accese, traevano auspici per il raccolto.

La “Domenica di Pasqua“, la mattina, vengono portate in giro per la città le tre statue del Salvatore, della Madonna e dell’Angelo (l’incontro avverrà dopo la rappresentazione della Resurrezione, ossia della Diavolata e dell’Angelicata).

In tarda mattinata, nella piazza Umberto, si svolge la sacra rappresentazione settecentesca della Diavolata (in gergo “I Diavulazzi ‘i Pasqua“),  che si rinnova da 250 anni e si tramanda da padre in figlio. I personaggi principali sono i diavoli (Lucifero, Belzebù, Astarot), la Morte, eterna nemica dell’uomo, l’Umanità, simbolo della speranza, e l’Arcangelo Michele, avversario del demonio. I diavoli cercano di convincere l’Umanità a restare dannata, poiché il cadavere di Gesù Cristo, che è risorto, non è più nel sepolcro, ma interviene l’Arcangelo Michele che sconfigge definitivamente Lucifero, liberando l’Umanità.

Segue, ma soltanto dal 1980,  la rappresentazione dell’Angelicata, che con la Diavolata forma l’opera di Anselmo Laudani "La Risurrezione"; in essa, due Angeli offrono doni alla Madonna e al Cristo Risorto, il quale la proclama Regina del Cielo.

Finita la sacra rappresentazione, davanti la chiesa di Santa Chiara, avviene l’incontro tra Maria e Gesù, la cosiddetta "Pace": la Madonna, che già dalla mattina era alla ricerca del Figlio risorto, incontra finalmente il Salvatore, tocca la piaga del Figlio e un Angelo annuncia all’umanità la redenzione degli uomini.

La rappresentazione della Diavolata, da alcuni anni, viene riproposta la sera, in uno scenario naturale di rara bellezza, qual’è piazza Umberto incastonata dagli storici edifici che la circondano e dal maestoso Castello Normanno, reso ancor più suggestivo da un’artistica e sapiente illuminazione d’ambiente.

Nicolò nacque in Adernò il 3 agosto 1117 da Almidoro e Monna Alpina. La sua nascita fu prodigiosa,  esemplare la gio­vinezza, di eminente santità tutta la vita. Ancora giovane fece voto di verginità; e, quando i genitori avevano disposto per lui un matrimonio con una giovinetta di nobile famiglia, egli, ascol­tando la chiamata di Dio, personificata nell’apparizione di un Angelo, fuggì prima in una spelonca della zona nord-occidentale dell’Etna chiamata “Aspicuddu” e, dopo tre anni, per maggiore sicurezza, in quella del monte Calanna, nei pressi di Alcara, in provincia di Messina. Là passò trentatré anni di vita eremitica in penitenza austera, nel fervore della preghiera e della contemplazione, ringraziando Iddio delle grazie singolari e dei prodigi segnalati che operava nel suo umile servo. Ogni sabato si recava a due chilometri di distanza, nel cenobio del Rogato, per ricevere la comunione.
Morì il 17 agosto 1167,  nella sua spelonca  mentre pregava, all’età di 50 anni. Il racconto del ritrovamento del corpo contiene fatti miracolosi, che il padre gesuita Ottavio Caietano ha riportato fedelmente. Il provvidenziale smarrimento dei buoi di un contadino, Leone Rancuglia, fece scoprire il sito ed accorrere là in pellegrinaggi di devota ammirazione, gli Alcare­si. L’eremita era lì, esanime, in ginocchio, con il libro delle preghiere aperto in mano ed il bastone a forma di croce poggiato sulla spalla.
Il suo corpo fu portato, per volere divino, al Rogato, dove rimase incorrotto in posizione genuflessa, come era stato trova­to, per 336 anni, rifulgendo sempre per nuovi miracoli. Fu eleva­to agli onori degli altari da Papa Giulio II nel 1507.
Da quell’anno le sacre reliquie posano integre, in una preziosa arca, nella Chiesa Madre di Alcara. Si pensò di forgiare una statua e fu chiamato un bravo scultore messinese, il quale pensò di ritrarre il Santo nell’atto in cui si recava al Rogato. La statua era quasi finita, quando una mattina lo scultore la trovò con le gambe piegate. L’artista pensò  che si trattasse della poca consistenza dello stucco e la sistemò nuovamente, ma la mattina seguente la trovò in ginocchio, stupefatto pensò di lasciarla  in quella nuova posa.
Gli Adornesi, molto probabilmente per tradizione tramandata da padre in figlio, si ricordavano vagamente di quel giovane che era sfuggito alle nozze, ma quando (dopo il 1657) vennero a conoscenza dell’opera del padre gesuita Ottavio Caietano, “Vitae Sanctorum Siculorum”, il culto e la devozione al Nostro Concittadino ebbe un grande sviluppo. Nell’anno 1670, con decreto del vescovo di Catania Michelangelo Bonadies del 7 agosto, a spese del popolo adornese e di Natalizio Gualtieri, fu innalzato un tempio in onore del Politi, nel luogo dove la tradizione tramandava essere stata la sua casa nativa. Sempre a spese di Natalizio Gualtieri  venne plasmato il primo simulacro e  posto alla venerazione dei fedeli. Ventisei anni dopo, il 25 giugno1696, con atto pubblico, rogato dal notaio Pietro Anastasio, gli Adornesi eleggono il Santo a loro protettore e compatrono assieme a San Vincenzo. Con atto pubblico del notaro Giovanni Morabito di Adernò il 12 marzo 1742, il nostro Santo Concittadino venne riproclamato “Patrono di Adernò”.
Gli adraniti intanto essendo venuti  a conoscenza dei miracoli operati dal loro cittadino proclamato patrono di Adernò, si interessarono per avere una reliquia del Santo negata dagli alcaresi.
Nel 1926, si approvò dalla Santa Sede, da Adrano e da altri paesi del messinese partì una spedizione di 350 uomini fra carabinieri,vicequestori ed in testa uno pseudo capo di polizia, il Sac. Angelo Bua ed il Sig. Giuseppe Cortese. La spedizione ebbe buon esito, sanò la pace fra i due paesi e gli adraniti ebbero il capo del Santo e agli alcaresi rimase il resto del corpo.
Dal 1679 la festa del Santo veniva celebrata il 17 Agosto, anniversario della morte. Successivamente, precisamente nel 1748, per concessione del Pontefice Benedetto XIV, essa venne trasferita al 3 Agosto. Il popolo adranita chiese questo trasferimento, affinché la festa potesse essere celebrata più solennemente , nell’intervallo tra altre due feste principali: quella di S. Pietro in vincoli, l’uno agosto, e quella di Maria SS. Ad Nives o Madonna della Catena , il cinque Agosto.

Da allora la festa continua a celebrarsi il 2, 3, e il 4 Agosto con diverse funzioni sacre e le rituali della reliquia e della statua del Santo.
Molto rappresentativa nella giornata del 3 la simbolica “Volata dell’Angelo” che ricorda la chiamata di Dio al giovane Nicolò. Verso le 20 di sera, dopo che il fercolo con la statua del Santo ha percorso le vie del paese, in Piazza Umberto alla presenza di una moltitudine di popolo, si svolge la singolare cerimonia: un fanciullo vestito da Angelo, viene sospeso lungo un filo d’acciaio, all’altezza di dodici metri, legato da un lato al Palazzo Bianchi e dall’altro alla Chiesa Madre .
Il bambino, tirato a mano, giunto in prossimità del  fercolo del Santo viene fermato e abbassato fino all’altezza del Santo Nicolò e recita la seguente ode sacra.
- Silenzio popolo. Salve, o Nicola: i secoli Ti chiameran beato! Inno immortal di gloria in ciel ti sarà cantato! A Te che fosti intrepido con l’alma e con  la fé  e il cor serbasti incolume dell’universo al Re, Nell’ora  del perielio A te ricorreremo, nel dì della vittoria uniti a Te saremo, In questo dì solenne  Di gloria e di amor gridiamo uniti: viva, viva il fulgido San Nicolò Politi -

poi lancia un mazzo di fiori verso il fercolo e risale in alto. Segue una lunga sequenza di fuochi d’artificio.Per tradizione si presume che la Volata dell’Angelo viene celebrata già dalla fine del’700, quando S. Nicolò Politi  venne proclamato “Patrono di Adernò”.
Una prima testimonianza scritta attestante lo svolgimento della Volata è stata trovata nell’archivio comunale. Un manoscritto del  1 Agosto 1887  sulla  programmazione delle festività di S. Nicolò,  a firma  del Rettore della festa,  riporta il giorno e la breve descrizione dell’evento. Il Nicotra nella sua “Storia dei Comuni della Sicilia”, Palermo, 1907 , illustrando Adrano e le sue bellezze artistiche descrive anche  il singolare evento : “ …Un altro rimarchevole ed emozionante spettacolo è quello così detto della Volata dell’Angelo, che ha luogo il 3 Agosto  nella ricorrenza  della festa principale di S. Nicolò Politi. Da un verone del palazzo municipale al campanile di chiesa Madre si attacca una grossa corda… si apre una  cortina ed appare un ragazzo vestito da angelo, con le ali, il quale  per mezzo di appositi ganci  viene sospeso a quella corda, e con un’altra più piccola lo tirano e vola. Arrivato sulla bara del santo, si abbassa recita un ode sacra e poi si libra nuovamente in alto”.

Ultimo aggiornamento: 30/08/2024, 11:58

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